LA VISITA

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Il museo si sviluppa in un percorso topografico e cronologico, documentando le testimonianze dell’occupazione umana nel territorio di Sarteano che, nonostante un saccheggio durato secoli, ha lasciato tracce ricchissime e significative soprattutto per quanto riguarda la fase etrusca, dal IX al I sec. a.C.

Nella prima sala la visita inizia con i reperti dell’VIII e della prima metà del VII secolo a.C. provenienti dalle tombe a pozzetto di Sferracavalli e dalle tombe di Poggio Rotondo. Significativo il canopo (cinerario in forma umana) da Macchiapiana con coperchio a ciotola capovolta, rinvenuto all’interno di una tomba a ziro.

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Sempre dalla necropoli di Macchiapiana proviene la tomba a camera ricostruita nella seconda sala, in cui predomina il canopo femminile su trono, sicuramente ossuario di una donna di alto rango, come dimostra anche il piccolo modello di ascia in terracotta che tiene tra le mani: simbolo di potere nella società aristocratica del periodo tardo-orientalizzante (630-620 a.C.). Nella terza sala è esposto l’importante ed elegante cippo in pietra fetida dalla località Sant’Angelo che rappresenta, nei quattro lati, le scene di una cerimonia funebre etrusca. I reperti di V e IV sec. a.C. provenienti dalla necropoli della Palazzina, dove tra il 1996-97 è stata scoperta anche una tomba con tracce di pittura, sono invece rare ceramiche dipinte sia a figure rosse, sia sovradipinte (come l’elegante stamnos del Gruppo Vagnonville), sia d’importazione attica.

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Il piano inferiore del museo, ampliato e rinnovato nel 2009, è dedicato ai sensazionali risultati degli scavi della Necropoli delle Pianacce, che sono iniziati nel 2000 e hanno condotto alla scoperta di venti tombe tra cui la sensazionale Tomba della Quadriga Infernale (su cui vedi la pagina dedicata). La tomba, visitabile settimanalmente su prenotazione, è documentata attraverso la riproduzione delle pitture (realizzata con una tecnica unica in Italia) e il relativo corredo ceramico composto sia dai resti di un'armatura oplitica in bronzo che da ceramiche particolari tra cui spiccano le tre coppe del Gruppo Clusium con scene di satiri e menadi, due sovradipinte e una a figure rosse del Pittore di Sarteano,  oltre ai peculiari bruciaprofumi ornati con uccelli e elementi vegetali. Nelle altre sale spiccano, sempre dalle Pianacce, le sculture in pietra fetida tra cui i cippi figurati con bassorilievi unici con scene di combattimento e di rituali funebri, lo straordinario gruppo cinerario con il defunto e Vanth e la statua cinerario maschile. Questi importanti esempi di scultura di V sec. a. C., di cui si conosce per la prima volta il contesto di provenienza, sono accompagnati dalle belle ceramiche di corredo: oltre ai buccheri anche le ceramiche di importazione attica sia a figure nere che a figure rosse. Nella sala dedicata ai materiali di epoca ellenistica di particolare pregio sono la collana d’oro, il manico di specchio in osso decorato a rilevo e la peculiare maschera di sileno in piombo, sempre accompagnati dalle ceramiche di corredo: dalle semplici anfore acrome, alle ceramiche a vernice nera fino alle raffinate coppe a figure rosse del Gruppo Clusium.

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Il percorso si conclude con le belle lastre fittili del tipo Campana di epoca augustea dalla località Colombaio, provenienti da un edificio termale, a testimonianza della ricchezza di Sarteano anche in questo periodo.

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ALCUNI DEI REPERTI PIU' SIGNIFICATIVI

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PER CHI VUOLE APPROFONDIRE

PIANO SUPERIORE

SALA I

LA NECROPOLI DI SFERRACAVALLI 
La necropoli in località Sferracavalli rappresenta la più antica testimonianza etrusca del territorio di Sarteano con scarsi materiali di fine IX sec. a. C., una cospicua fase di VIII sec. a. C., cioè dell’età del ferro avanzata, e una continuità nella prima metà del VII sec. a. C.. Le circa 150 tombe rinvenute tra il 1875 e il 1879 dal marchese Bargagli nei suoi possedimenti, una parte delle quali qui esposte (le altre sono nella collezione Bargagli al Museo di Siena), erano del tipo a pozzetto, cioè con fossa verticale foderata di ciottoli e coperta da una lastra di pietra: all’interno un ossuario biconico, con un’ansa spezzata per ragioni rituali, e coperto da una ciotola capovolta, conteneva le ceneri del defunto; insieme ad esso venivano deposte alcune ceramiche d’impasto e oggetti personali del defunto quali rasoi di bronzo o coltelli in ferro per gli uomini e collane, fermatrecce,  spilloni con capocchia in bronzo e fuseruole per la filatura nei corredi femminili, oltre a varie tipologie di fibule in bronzo ed in ferro che servivano a fissare ed ornare le vesti. Questi corredi omogenei e senza oggetti di particolare lusso mostrano una società non ancora diversificata, cioè nella quale non sono ancora presenti gruppi aristocratici dominanti.

LA NECROPOLI DI POGGIO ROTONDO 
L’altura di Poggio Rotondo costituisce la zona più elevata della grande necropoli etrusca di Solaia in cui le tombe occupano nel corso di sette secoli tutte le pendici della collina accanto a Castiglioncello del Trinoro con uno sviluppo cronologico e topografico che vede l’occupazione della sommità a partire dalla fine dell’VIII sec. a. C.. Le tombe qui esposte, comprese tra la fine dell’VIII e la prima metà del VII sec. a. C., furono rinvenute nel 1951 e documentano l’interessante fase di passaggio tra il cosiddetto periodo villanoviano (IX-VIII sec. a. C., età del ferro) e la fase orientalizzante (VII sec. a. C.) che nel territorio chiusino mostra degli attardamenti nelle produzioni ceramiche e nell’organizzazione della società. Le tombe più antiche sono del tipo a pozzetto, come nella necropoli di Sferracavalli, mentre con l’inizio del VII sec. a. C. si afferma una nuova tipologia: l’ossuario, non più di forma biconica, viene deposto all’interno di un grosso dolio d’impasto - lo “ziro”- che per lo più contiene anche il corredo, coperto da una lastra di pietra. Di particolare interesse il pugnale della tomba 2, unica presenza di armi in questi corredi, e l’ossuario con coperchio sferico della tomba 3 che costituisce un antecedente della simbologia dell’ossuario canopico.

LA TOMBA A ZIRO  CON CANOPO DA MACCHIAPIANA
Nella grande necropoli di Solaia, saccheggiata dagli scavi delle famiglie di proprietari terrieri Fanelli e Borselli nella prima metà del XIX secolo che restituirono centinaia di reperti oggi in parte nelle raccolte granducali del Museo Archeologico di Firenze, fu rinvenuta nel 1951 nella località denominata Macchiapiana, una tomba a ziro contenente un canopo.  La testa è realizzata utilizzando una ciotola capovolta su cui è stato applicato un naso aquilino e gli occhi sono resi con due impressioni circolari. Esso rappresenta uno degli esemplari della fase più antica dei canopi (produzione tipica del territorio chiusino), databile intorno al 660 a. C., e costituisce il palese anello di congiunzione nello sviluppo tra l’ossuario biconico di epoca villanoviana (IX-VIII sec. a. C.) coperto da una ciotola e il canopo di epoca più recente in cui il corpo è simbolizzato da un’olla, talvolta con braccia applicate. La testa è ormai realisticamente ottenuta da matrici in cui si evidenziano i tratti del volto e le treccioline dei capelli, come nella testa da Madonna La Tea esposta nella vetrina successiva. Insieme al canopo, come corredo del defunto di Macchiapiana, erano stati deposti all’interno dello ziro una ciotola della stessa morfologia di quella usata per coprire l’ossuario e due fibule a navicella in bronzo con decorazione a spina di pesce.

LA NECROPOLI DI MADONNA LA TEA
Nel 1964 furono rinvenute 4 tombe databili tra la fine del VII e l’inizio del VI sec. a. C.. Una conteneva  due anfore d’impasto, di cui una con anse serpentiformi, associate a punte di lancia (perdute) che indicano la sepoltura come maschile. Nella quarta fu rinvenuta una testa di canopo femminile di tipo evoluto con alcuni frammenti di bucchero.

SALA II

LA TOMBA A CAMERA CON CANOPI DI SOLAIA- MACCHIAPIANA 
Sempre nella necropoli etrusca di Solaia, nella zona denominata Macchiapiana, che vide la sua massima fioritura durante il periodo tardo - orientalizzante, (630-580 a. C.), fu rinvenuta nel 1953 una tomba a piccola camera semicircolare con corto corridoio d’accesso, scavata nella roccia calcarea locale. Al suo interno erano stati deposti due canopi: uno maschile e uno femminile su trono di pietra. La presenza di canopi in tombe a camera, e non più nelle sole tombe singole del tipo “a ziro”, è attestata a partire dal 630 a. C. sia nella necropoli di Solaia che in quella di Tolle (Chianciano) presso il valico de La Foce, ma estremamente rare sono le deposizioni di due o tre canopi in quelle che diventano le prime tombe di famiglia.  In questo periodo si fanno più evidenti le distinzioni sociali e lo straordinario interesse di questa deposizione consiste nella presenza di un personaggio femminile di alto rango, detentrice dei simboli del potere, accanto ad una deposizione maschile posta in secondo piano in un canopo di dimensioni minori. Il canopo femminile (come dimostrano gli orecchini in argento) è seduto su un trono ricavato nella roccia locale e quasi sicuramente teneva tra le sue mani un modellino in terracotta di un’ascia bipenne (cioè a doppia lama; il manico in legno è una ricostruzione moderna) che nella società etrusca di epoca tardo-orientalizzante (630-580 a. C.) costituisce un chiaro simbolo di potere. Si può pertanto ipotizzare che l’aristocratica di Macchiapiana fosse la vedova di un capo guerriero, morto lontano e quindi non sepolto insieme alla sua famiglia, che ha temporaneamente assunto il potere nella comunità del villaggio afferente alla necropoli di Solaia ed è stata sepolta insieme alle spoglie del figlio, morto probabilmente a distanza di un ventennio. Sulla destra, accanto al canopo maschile, furono rinvenuti una coppa di bucchero decorata da rosette impresse e un interessante affibbiaglio in ferro. Il restante corredo era invece deposto nella parte sinistra della camera ed era composto da vasi d’impasto e da due coppe (skyphoi) della cosiddetta produzione italo-geometrica, oltre ad un oggetto di rilevante significato simbolico: il modellino in terracotta di una bipenne (un’ascia normalmente metallica a doppio tagliente) che in quell’epoca trasmetteva un chiaro messaggio sul potere dei proprietari della tomba. Le sepolture, di cui non si può distinguere il rispettivo corredo, devono essere state  contemporanee o comunque molto ravvicinate e si collocano tra la fine del VII e l’inizio del VI sec. a. C., cioè nella fase denominata ‘orientalizzante recente’ in cui è ormai evidente la presenza di gruppi aristocratici all’interno delle società locali.

LE TOMBE TARDO-ORIENTALIZZANTI E ARCAICHE DELLA NECROPOLI DI SOLAIA
La necropoli di Solaia vede un’intensa occupazione nell’ultima fase dell’orientalizzante (620-575 a. C.), documentata da scavi della fine del secolo scorso, con tombe a piccola camera con canopi o con olle- ossuario. Tra queste, oltre alla tomba con due canopi, spicca il canopo maschile su trono in pietra del tipo “evoluto” ottenuto a matrice. Durante il periodo arcaico la necropoli di Solaia denota uno spopolamento dell’abitato ad essa afferente, a favore di zone collinari più basse e più vicine agli assi viari che conducevano al centro di Chiusi, ovvero le aree della Palazzina e delle Pianacce. Tuttavia permangono alcune deposizioni interessanti del tipo a camera, che si affermerà definitivamente in questa fase accogliendo l’intera famiglia, e tra i materiali di corredo si affermerà il bucchero decorato a stampo. 

Il corredo di una tomba a camera rinvenuta nel 1948 nella zona di Solaia-Mulin Canale, databile nel secondo quarto del VI sec. a. C., è costituito da numerose ceramiche in bucchero e da un interessante lotto di materiali bronzei. Gli arnesi da fuoco e la lancia in ferro, insieme alla grattugia in bronzo, sono strumenti di uso domestico che simboleggiano il ruolo eminente del defunto, simboli del pater familias.

La tomba 12 di Solaia , costituita da due camere da due nicchiotti, benchè saccheggiata, ha restituito un cospicuo gruppo di materiali: una coppa attica frammentaria a figure nere, vasi di bucchero con decorazioni a stampo con teste di oplita o la cosiddetta Potnia Therôn (signora degli animali) e  ceramica etrusco-corinzia. La tomba è stata in uso per circa un secolo dal 580 al 480 a. C.

SALA III

LA TOMBA 30 DELLA PALAZZINA
In località Palazzina il Gruppo Archeologico  ha rinvenuto una necropoli di V sec. a. C. con tombe a camera scavate nella roccia, già depredate, ma che conservavano ancora materiali di grande pregio. Questo rinvenimento è di estremo interesse non solo perché dimostra una continuità di occupazione di questo territorio che era stato ritenuto “spopolato” tra il V e il IV secolo a. C., ma anche perchè  le tombe rinvenute sono appannaggio di una classe sociale raffinata che doveva far capo ad un vero e proprio centro urbano e non a semplici villaggi dipendenti dal polo di Chiusi. La tomba n. 30, rinvenuta nel giugno 1997, è formata da un corto dromos e da una camera con cinque nicchie alle pareti e, benché già depredata, ha restituito un intero corredo di ceramica dipinta a figure nere prodotta localmente tra la fine del VI  e l’inizio del V sec. a. C.. con la maggiore varietà di forme ceramiche fino ad ora note, fra cui spiccano per interesse i due foculi (sorta di vassoi) circolari. Oltre ai buccheri e alla ceramica acroma nella tomba è stata rinvenuta anche una lekythos di produzione attica, oltre ad un cofanetto, originariamente in legno (materiale deperibile che non si conserva) decorato da placchette  in osso su cui erano applicate laminette auree e piedini conformati a zampa leonina.

LA TOMBA DIPINTA DELLA PALAZZINA
Sempre nella necropoli della Palazzina il Gruppo Archeologico ha compiuto un’altra eccezionale scoperta: una tomba a camera che conserva sulla parete destra, al di sopra di due nicchiotti, i resti di una pittura raffigurante un personaggio barbato e quattro teste di cavallo poste al di sopra di una porta dorica, con probabile riferimento al viaggio verso l’Oltretomba. La pittura è realizzata su uno spesso strato di argilla ed ha caratteri che, pur nell’esecuzione sommaria, rimandano a prototipi tarquiniesi di fine VI sec. a. C. e non trovano confronti nelle pitture chiusine. Anche il corredo della tomba, seppur già ampiamente saccheggiato, ha caratteri di eccezionalità: vi è stato rinvenuto uno degli esemplari più belli di ceramica etrusca a figure rosse sovradipinta ovvero lo stamnos, purtroppo molto lacunoso, attribuito al pittore Bonci Casuccini; inoltre ceramiche attiche, buccheri, dadi in osso e in avorio e ciottoli utilizzati per il gioco e due anfore d’importazione: una samia, abbastanza comune nei corredi di V sec. a. C. della zona, e una corinzia che è l’unico esemplare di questo genere importato in territorio chiusino. I materiali ceramici conservati nella tomba sono databili tra la metà e la seconda metà del V sec. a. C.

LA TOMBA 28 DELLA PALAZZINA
La tomba 28, ubicata accanto alla n. 30 e a circa 50 metri dalla tomba dipinta, ha un lungo dromos in lieve pendenza e due camere: una sulla sinistra e una sul fondo, quest’ultima con quattro nicchie alle pareti. Anch’essa già depredata, ha tuttavia restituito bellissime ceramiche etrusche dipinte tra cui spiccano due crateri a campana a figure rosse prodotti localmente, e due skyphoi uno con atleta e figura ammantata e l’altro con decorazione floreale in nero di produzione tarquiniese. Di grande pregio anche la placca bronzea, costituente l’attacco inferiore dell’ansa di un boccale con figura virile seduta su una costruzione a blocchi e intenta a guardare il cielo: si tratta della rappresentazione di un aruspice (sacerdote) che trae auspici dal volo degli uccelli. Sono presenti, inoltre, lastrine in osso che dovevano costituire la decorazione ad intarsio di un mobiletto ligneo perduto. Nella camera di sinistra doveva essere sepolta una donna come dimostrano lo specchio, le fuseruole e il disco di conocchia, utilizzato per la filatura. La struttura, più recente delle tombe precedenti, è databile tra il IV e la prima metà del III sec. a.C., e infatti non accoglie ceramiche in bucchero, sostituite funzionalmente dai corredi miniaturistici in ceramica acroma e dalla produzione a vernice nera. 

IL CIPPO DI S. ANGELO
Il cippo ha sulle sue quattro fasce la rappresentazione della cerimonia funebre con l'esposizione del corpo, le scene di lamentazione, di danza rituale e di corsa dei cavalli. Si data tra la fine del VI e l'inizio del V secolo a. C.

CORRIDOIO

LE TOMBE ELLENISTICHE DI SOLAIA - MULIN CANALE
Dopo una fase di parziale abbandono della necropoli di Solaia durante il periodo arcaico e classico, soprattutto nella zona di Mulin Canale, nel periodo ellenistico (III-II sec.a. C.) si coglie una rinnovata presenza in linea con quello che è il trend insediativo del territorio di Sarteano in cui la fase ellenistica vede ovunque un’occupazione “a macchia di leopardo”. Tombe di III e II sec. a. C. vengono scoperte sia in scavi compiuti nel XIX secolo che in altri degli anni ’50 e ’90 del secolo scorso. Mentre per i primi non si hanno notizie del rinvenimento, gli scavi del Gruppo Archeologico Etruria del 1996-97 hanno restituito 4 tombe, visitabili, particolarmente interessanti per le loro strutture. Una in particolare presenta un lungo corridoio con una serie di ben 39 nicchiotti laterali, una tomba dei ceti sociali inferiori, ormai tipologicamente vicina ai colombari romani. Di particolare interesse invece il corredo di vecchio rinvenimento con brocche e fiaschette bronzee, oltre alla bella situla a beccuccio con testa di satiro, con due deposizioni di incinerati posti all’interno delle urne in travertino con i nomi dei defunti: Arista e Lar(th) Cezrtle Vipinal. Un uomo e una donna come dimostrano anche la presenza del pettine, tipico oggetto da toilette femminile, e lo strigile in ferro, strumento usato per  detergere il sudore.

PIANO INFERIORE

SALA IV

In questa sala viene presentata una ricostruzione a grandezza naturale della Tomba della Quadriga Infernale che costituisce una realizzazione unica in Italia. Su grandi pannelli di polistirolo ricoperti di intonaco sono stati stampati i fotopiani delle quattro scene dipinte della tomba, coniugando la spettacolarità delle scenografie teatrali e la lettura filologica delle immagini. Inoltre le rotture, i fori e l'irregolarità della tomba sono state realizzate a mano con la lavorazione del polistirolo con un effetto estremamente realistico.

LA TOMBA DELLA QUADRIGA INFERNALE DELLE PIANACCE: LE PITTURE
La Tomba della Quadriga Infernale è stata rinvenuta nell’ottobre 2003 nel corso delle annuali campagne di scavo del nostro Museo nella monumentale necropoli delle Pianacce, a circa un chilometro dal centro di Sarteano, e ha costituito una delle scoperte più significative nel campo dell’etruscologia degli ultimi decenni. La tomba è scavata nel travertino ad una profondità di cinque metri con un dromos (corridoio) di accesso di venti metri, e decorata da un ciclo pittorico eccezionale per l’originalità delle scene e per la conservazione dei colori. La quadriga, composta da due leoni e due grifoni, traina un carro condotto da un demone: probabilmente una raffigurazione innovativa del demone Charun come auriga, corrispettivo del Caronte greco nel suo ruolo di accompagnatore delle anime verso l’Ade. I due defunti distesi sul letto nel banchetto eterno, mentre si rivolgono un eccezionale gesto di affetto, sono probabilmente  padre e figlio, con una colorazione diversa della pelle per indicare la differenza di età. Accanto a loro un servitore con un colino per filtrare il vino. Al di sotto corre un fregio di delfini che si gettano tra le onde marine, in cui il tuffo simboleggia il momento di passaggio al mondo ultraterreno.  Il serpente a tre teste della camera rappresenta invece uno dei tanti mostri che popolavano il mondo dell’oltretomba nell’immaginario funerario etrusco dell’epoca, così come il più frequente ippocampo che compare sulla parete di fondo. Sotto di esso troneggia un colossale sarcofago di alabastro grigio, rinvenuto in frammenti e ora restaurato, con il defunto semidisteso e appoggiato a due cuscini.

LA TOMBA DELLA QUADRIGA INFERNALE DELLE PIANACCE: IL CORREDO
Nella tomba erano presenti per lo meno due deposizioni, una nel grande sarcofago del pater familias e una in una cassa lignea di cui si conservano solo le borchiette di bronzo. Tutto il corredo si presentava in stato estremamente frammentario ed è stato recuperato dopo un accurato lavoro di restauro. Vi compaiono tre coppe a figure rosse: due della cosiddetta Officina Senese e una del Gruppo Clusium, oltre a ceramiche a vernice nera, ceramiche grigie e acrome, anfore, thymiateria (brucia-profumi) ornati da uccellini in terracotta, pedine da gioco in pasta vitrea e numerosi oggetti in bronzo di varie epoche, testimonianza di una sorta di tesoretto. Nella tomba ci sono inoltre evidenti tracce di un’occupazione alto medievale, durante la quale tutto il lato destro della tomba venne distrutto. Sia lo stile delle pitture che gli oggetti del corredo rimandano ad una cronologia nei decenni intorno al 320  a. C. per la costruzione della tomba e al massimo all’inizio del III sec. a. C. per la seconda deposizione. I confronti stilistici delle pitture ci dicono che i pittori che lavorarono per conto della famiglia aristocratica proprietaria della tomba provenivano da Orvieto, dove avevano lavorato nella necropoli di Settecamini.   

Nella necropoli delle Pianacce (che presenta una continuità di occupazione dalla seconda metà del VI sec. a. C. al II sec. d. C.), accanto alla tomba della Quadriga Infernale, altre strutture monumentali –visitabili-, sempre scavate nel travertino, mostrano la ricchezza delle famiglie insediate nel territorio di Sarteano tra l’epoca tardo classica e il primo ellenismo e questo nucleo cimiteriale, inserito in un paesaggio di straordinaria bellezza, costituisce, dopo le recenti scoperte, uno dei più significativi siti archeologici dell’Etruria settentrionale.

SALA V

LE TOMBE ELLENISTICHE DELLE PIANACCE
Accanto alla tomba della Quadriga Infernale un nucleo di sette tombe, anch’esse scavate nel travertino e monumentali, copre un arco cronologico compreso tra gli ultimi decenni del IV e il II sec. a. C.. Si tratta di ipogei di famiglie aristocratiche o comunque abbienti che dimostra una volta di più come il territorio di Sarteano fosse intensamente popolato in questa fase non da sparuti insediamenti di campagna, ma da gentes di un livello di raffinatezza pari a quello urbano. Questo è dimostrato da oggetti di grande pregio come la collana in oro o il manico da bastone rituale finemente lavorato a rilievo con guerrieri della tomba n. 8, oppure la rarissima maschera in piombo con sileno (satiro) della tomba 12 che doveva decorare il coperchio in pietra a doppio spiovente di un sarcofago riproducente la decorazione di un tetto. Inoltre da questo nucleo di tombe proviene la maggiore restituzione di coppe a figure rosse del Gruppo Clusium mai rinvenuta in contesto: una produzione locale degli anni intorno al 340-320 a. C. caratterizzata da scene legate al vino e al culto di Dioniso con satiri e menadi. Queste tombe sono state tutte rinvenute negli anni 2003-2005 negli scavi del nostro Museo, ad eccezione della tomba I scavata da Guglielmo Maetzke nel 1954, e restaurate nel laboratorio del nostro Museo.

SALA VI

LE TOMBE ARCAICHE DELLE PIANACCE
Nella necropoli delle Pianacce  alcune tombe, con  corredi semplici  in camerette di  piccole dimensioni, documentano la prima fase di occupazione risalente alla seconda metà del VI sec. a. C. . Più complesse, con numerose nicchie alle pareti, sono invece due strutture di grande interesse, rinvenute nel 2006: la n. 13 e la n. 14, limitrofe  e collegate in antico, che hanno dato  la maggiore restituzione di  ceramica  attica ad oggi conosciuta dal territorio  di Sarteano e il più consistente  nucleo di manufatt i in pietra fetida noto  da scavi moderni.  La ‘pietra fetida’  è una  pietra locale  (detta  così  dall’odore sulfureo  che emana se strofinata), molto malleabile e adatta alla lavorazione. Usata nel territorio di Chiusi per realizzare cippi con scene a rilevo tra la fine  del VI e la prima metà del V sec. a. C., viene anche impiegata per  rare  statue-cinerario  che  contenevano  le  ceneri  del   defunto. Nella tomba 13 sono stati  scoperti lo straordinario gruppo cinerario con defunto semidisteso  con accanto  Vanth (il demone femminile  dell’Oltretomba) - che presenta ascendenze dall’arte greca di  Fidia ed è paragonabile  con  un gruppo  rinvenuto alla Pedata di Chianciano -, e nella tomba 14 la statua del defunto  maschile, databili tra  la fine del V e l’inizio del IV sec. a. C. Gli straordinari cippi con scene di esposizione del defunto, banchetti, combattimenti con cavalieri e di processioni, le statue cinerario,  le splendide ceramiche attiche sia a figure nere (fine VI-inizi V) che a figure rosse (V sec. a. C.) e  le ceramiche etrusche a figure rosse o sovradipinte (fine V-IV sec. a. C.) fanno  d i queste due tombe –  visitabili - un complesso di eccezionale rilievo, testimonianza di una continuità di occupazione del territorio da parte di famiglie aristocratiche, senza soluzione di continuità anche nel V e IV secolo a. C.

CORRIDOIO

LE LASTRE ARCHITETTONICHE DA COLOMBAIO DI EPOCA AUGUSTEA 
Le sei lastre architettoniche del tipo detto “Campana” decoravano in un fregio la parte alta, interna o esterna, di qualche edificio privato o pubblico, ma non a destinazione sacrale, di epoca augustea. La loro produzione, piuttosto standardizzata, inizia nel I sec. a. C., avrà il suo culmine nel periodo augusteo, ma perdurerà fino all’età antonina.  Le quattro di maggiori dimensioni furono rinvenute nel 1871 in località Colombaio dove la presenza di muri in opus reticulatum e di soglie di travertino portarono lo scopritore, Gian Francesco Gamurrini, ad interpretare le strutture come i resti di un edficio termale. Nelle due quadrangolari sono raffigurati Afrodite e il piccolo Eros in conversazione con accanto un levriero. Su quelle rettangolari: Adone nudo, con solo una clamide sulla spalla, appoggiato ad una lancia e ad un pilastrino in conversazione con Peitho, divinità greca della Persuasione. Le altre due lastre, con satiri che bevono da un largo cratere, provengono da una località ignota del territorio di Sarteano.

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